Il piano di Shaffer
Schaffer
preparò la vittoria del primo scudetto nella stagione 1940/41, proprio
mentre il glorioso Campo Testaccio veniva demolito per ordini superiori. La
Roma si trasferì stabilmente allo Stadio del Partito (l'attuale Flaminio),
mentre il tempio caro a tanti ricordi e a tante vittorie diventava una nuda
spianata, sotto il piccone demolitore. L'Italia era entrata ormai in guerra
e conosceva i primi sacrifici, dopo l'euforia dell'Impero. La Roma, nel pieno
rispetto del regime di stretta economia imposto a tutto il paese, decise di
non fare nessun acquisto, recuperando solo Borsetti. La politica del risparmio
consentì però alla squadra di perfezionare i suoi meccanismi tecnici
e tattici, per cui alla fine della stagione, la finale di Coppa Italia persa
per un soffio contro il Venezia, stava già a sottolineare gli enormi
progressi di gioco compiuti. Amadei fu stabilmente schierato centravanti. Masetti
fu posto in lista di trasferimento, ma venne subito recuperato, dopo le incerte
prove fornite da Ippoliti, Rega e Ceresa che lo avevano sostituito tra i pali.
In
campionato la squadra fece registrare alti e bassi, ma fu in Coppa Italia che
la Roma dette prova di una raggiunta maturità tecnica. Il primo avversario
dei giallorossi fu il Fanfulla di Lodi e la Roma lo rispedì a casa con
un pesante 6-1. Amadei quel giorno segnò due gol, confermandosi attaccante
di notevole freschezza e valore. Negli ottavi la Roma si trovò di fronte
il Novara, che a quei tempi era un avversario molto ostico. La partita, dopo
i tempi supplementari, era ancora ferma sul 2-2 per cui fu necessario un secondo
incontro, stavolta giocato a Novara. La partita venne sospesa sul 2-1 per la
Roma perché uno spettatore entrò in campo e aggredì l'arbitro.
Insomma la Roma vinse a tavolino per 2-0 e affrontò nei "quarti"
la Fiorentina. La sfida si risolse con un altro robusto successo dei giallorossi
(4-1). In semifinale furono necessarie altre due partite per battere il Torino.
Il primo incontro, fuori casa, finì 1-1, ma la Roma vinse la ripetizione
della partita giocata allo Stadio Nazionale grazie ad un gol di Krieziu. Si
giunse così alle partite di finale contro il Venezia che aveva scoperto
due giocatori di grande talento: Ezio Loik e Valentino Mazzola. E qui avvenne
l'incredibile. In vantaggio di tre gol, grazie ad una tripletta dell'ormai travolgente
Amadei, la Roma si fece raggiungere in un convulso finale. La rimonta subita
condizionò psicologicamente la squadra anche nella partita di ritorno,
giocata nel vecchio stadio Sant'Elena, sulla laguna, e che il Venezia vinse
grazie ad un colpo di testa di Loik. Ma l'amarezza per il successo mancato di
un soffio fece fiorire nell'animo di tutti la voglia di una clamorosa rivincita.
La Roma del primo scudetto nacque nella testa di Schaffer in quel pomeriggio
sfortunato.
Tratto da La Roma una Leggenda Editrice il Parnaso
|